Una riflessione sul principio spirituale chiamato Europa

 

 

La Confcommercio di Forlì e l’Associazione 50&Più della Provincia di Forlì-Cesena, dopo due anni di sospensione in seguito alla pandemia da Covid-19, riprendono Passioni in musica, un fortunato format nel quale la musica e la ‘parola’ filosofica dialogano intorno a una passione, intesa nella sua piena latitudine semantica: sia come sentimento inteso che può alterare l’equilibrio sia come inclinazione vivissima verso qualcosa.

 

La passione selezionata per la settima edizione è l’Europa, la quale non sarebbe senza le differenze che ne costituiscono la trama e l’ordito. Infatti ‘passione per le differenze’, recita il sottotitolo, che coglie bene il centro assiale del nostro continente, costituito da una irriducibile pluralità dove i singoli elementi convivono proprio perché inevitabilmente separati. Uno stare-insieme, quello dei popoli europei, che ha, e non potrebbe non avere, anche un timbro polemico (da pòlemos, ‘guerra’), anche se comune resta l’interrogazione, l’ansia, l’irrequietezza, la curiosità, la tensione inesausta verso il Bello, il Buono e il Vero, tensione, nel corso della sua millenaria storia, mille e mille volte tradita, ma che sempre si è posta come un principio di civiltà da perseguire.

 

Oggi, questa interrogazione infinita, su se stessa e sul mondo, è ancora il cuore dell’Europa? Dopo il suo suicidio nel ‘900 consumatosi attraverso due guerre mondiali, gli spiriti più illuminati ripresero i fondamenti di quel principio spirituale che si chiama Europa e le restituirono il proprio volto, che era stato sfregiato da odi, divisioni e orrori senza nome. E tuttavia non si può registrare, oggi, un pericoloso sonno, un infido sonno della memoria, che traluce nei discorsi impazziti e ringhiosi che risuonano nelle piazze, dove sempre più spesso si agitano i fantasmi della paura, nella difesa rancorosa dei confini, nello svilimento di nobili concetti quali ‘patria’, nel vilipendio delle parole, ignorando che ogni offesa alla parola è un’offesa allo spirito; un sonno della memoria che si manifesta, altresì, nel ridurre un principio spirituale a un algido ‘calcolemus’, a bilanci da far quadrare, a soldi da distribuire.

 

Ma è sufficiente osservare i luoghi che hanno fatto l’Europa – i teatri d’opera, le biblioteche, le cattedrali, i musei, i caffè, le piazze – per rendersi conto che l’ospitalità è la cifra della terra-del-Tramonto. E l’Europa ospita perché è essa stessa, per prima, a essere straniera a se stessa, essendo appunto molteplice. L’Europa è una patria assente, ‘semper fugiens’, che proprio per la sua stessa inattingibilità inesauribilmente vive.

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